APPROFONDIMENTO - COLLEZIONE KOTOWAZA

APPROFONDIMENTO - COLLEZIONE KOTOWAZA

L’articolo di oggi riguarda la nostra collezione Kotowaza. Mi sento di dire che questa sia la collezione più azzardata che abbiamo prodotto: chi l’ha mai vista un’intera collezione di abbigliamento che ha alla base dei modi di dire? Eppure, grazie a voi, anche questa ci ha dato ottime soddisfazioni! 

Kotowaza 諺 che abbiamo deciso, per questione grafica, di scrivere in hiragana ことわざ è infatti la parola che in giapponese si usa per indicare i modi di dire. 

Era da parecchio che ci venivano chieste più grafiche con animali, così abbiamo deciso di utilizzare esclusivamente modi di dire che avessero proprio gli animali come protagonisti. 

 

NEKO 
猫に鰹節の番をさせる 
Neko ni katsuobushi no ban wo saseru 

Proprio come in italiano, anche in giapponese ci sono tantissimi modi di dire riguardo ai gatti, infatti è stato difficile decidere quale rappresentare. Quello che, alla fine, abbiamo scelto significa: “Mettere il gatto a guardia del katsuobushi”. 

Il katsuobushi è un ingrediente molto comune nella cucina giapponese. Si tratta di scaglie essiccate di katsuo (che sarebbe il nostro tonnetto striato) che vengono utilizzate per guarnire i piatti, come per esempio i takoyaki o l’okonomiyaki. Sono quelle che col calore si muovono, sicuramente le avete già viste!  

Il modo di dire equivale al nostro “Mettere la volpe al guardia del pollaio”. Chiaramente non è una buona idea e non è qualcosa che una persona del tutto conscia della situazione farebbe: la volpe se ne approfitterebbe subito per mangiare le galline e il gatto, allo stesso modo, non aspetterebbe un secondo a rubare il tonno. Attenzione quindi a chi si dà fiducia e a chi si affidano i propri segreti.

Per gli interessati alla grammatica giapponese, in questa frase troviamo させる, che non è altro che la forma causativa del verbo する, utilizzata per indicare un’azione che viene "fatta fare”. Inoltre nella versione giapponese il gatto non è il soggetto della frase, ma è colui che viene messo a guardia del pesce, per questo è accompagnato dalla particella に. 

 

KITSUNE 
狐につままれる 
Kitsune ni tsumamareru 

Al contrario di quanto si possa pensare, i modi di dire sulle volpi non abbondano nella lingua giapponese. Non potevamo però fare una collezione sugli animali tralasciando uno dei più amati dagli appassionati della cultura del Sol Levante e così abbiamo trovato questo che significa: “Essere ingannati da una volpe” 

Un’altra traduzione potrebbe essere “Essere posseduti da una volpe”, il significato rimane però molto simile. È infatti risaputo che le volpi siano, nel folklore giapponese, degli animali molto vicini alle divinità: sono messaggeri della dea Inari 稲荷, ma sono anche degli youkai che, in modo un po’ più astuto e scaltro dei tanuki, utilizzano l’arte del trasformismo per ingannare le persone. Un’altra cosa che fanno le volpi, come sappiamo dalla nostra grafica Kitsunetsuki, è prendere possesso delle persone, mutandone la personalità e alcuni tratti fisici. 

Questo modo di dire si utilizza per descrivere le situazioni in cui non si capisce come si sia arrivati a un certo punto o come la cosa abbia preso una certa piega: è proprio come se d’un tratto ci si risvegliasse dall’inganno di una volpe e si tornasse alla realtà senza ricordi chiari dei momenti precedenti. 

Aggiungiamo anche qui un’osservazione sulla grammatica: つままれる è il passivo del verbo 摘む, che viene comunemente scritto per intero in hiragana, proprio come abbiamo fatto noi. In giapponese la forma passiva viene utilizzata principalmente in frasi in cui il soggetto subisce una conseguenza negativa dall’azione, mentre nella nostra lingua possiamo usarlo senza problemi anche per azioni positive. Anche in questo caso, inoltre, abbiamo la particella che segue l’animale; qui però indica il complemento di agente: chi compie l’azione di ingannare. 

 

KAERU 
井の中の蛙大海を知らず 
I no naka no kawazu taikai wo shirazu 

Questo è stato, insieme a un altro che non abbiamo poi realizzato, il modo di dire che ha fatto nascere l’idea di questa collezione. Certo, il soggetto non è dei più facili e nemmeno dei più amati, ma la frase che lo accompagna è, oltre che abbastanza conosciuta, sicuramente molto significativa, si tratta infatti di: “La rana nel pozzo non può concepire l'oceano”. 

Questa frase viene utilizzata nei confronti di chi, a causa di limitate esperienze di vita o della mancanza di volontà nell'aprirsi all’altro, rimane confinato, fisicamente o metaforicamente, nel suo piccolo mondo e si rifiuta di provare a scoprire quante altre cose ci sono fuori. 

Forse qualcuno avrà notato che nella trascrizione in romaji (la trascrizione della pronuncia giapponese in lettere latine) non compare la parola kaeru, che è il temine usato per indicare le rane. Nonostante il kanji sia lo stesso, questo ha cambiato lettura nel tempo: ad oggi si legge “kaeru”, ma in passato si leggeva “kaezu”. 

Non è l’unica parte di questo modo di dire che adotta uno stile un po’ antico: anche il verbo, 知らず shirazu, è la versione antica e poetica di 知らない shiranai e, tra l’altro, fa rima con kawazu. 

 

TANUKI 
狸寝入り 
Tanuki neiri 

Ultimo, ma non per importanza, siamo arrivati al tanuki che, in una collezione sugli animali, non potevamo di certo saltare. Anzi, la ricerca del modo di dire su di lui è stata estremamente importante. 

Quello che abbiamo scelto di rappresentare è molto breve, ma anche di impatto: “Il sonno del tanuki”. Ci sembrava perfetto per far cogliere l’essenza della nostra mascotte a tutti quelli che ancora non la conoscono. 

Questa frase si usa per descrivere le persone che, per non affrontare problemi o responsabilità, le ignorano, vi si sottraggono e le rimandano, magari anche arrivando a far finta di dormire. Infatti, se guardate bene, il nostro tanuki ha un occhio chiuso, ma l’altro è appena appena aperto! 

Ovviamente non abbiamo perso l’occasione per dar ancor più carattere al tanuki. È infatti risaputo che, nelle leggende, i tanuki siano dei grandi consumatori di saké. Ci sembrava quindi assolutamente appropriato disegnarlo come se fosse un po’ ubriaco e stanco: è senz’altro in linea con l’immagine di un personaggio che vuole fuggire dai suoi problemi. 

 

C’erano tanti altri modi di dire che ci piacevano e che a malincuore abbiamo dovuto scartare. Voi ne conoscete qualcuno in particolare? O magari c’è un animale di cui vorreste che vi trovassimo un modo di dire giapponese? 

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